La ghiacciaia ha una forma troncoconica, a sezione ovale, con la base minore sul fondo: il profilo rastremato era dettato dall'esigenza di mantenere il ghiaccio sempre in contatto con la superficie della struttura muraria, evitando il formarsi di interstizi e quindi possibilità di infiltrazioni d'aria che avrebbero causato una liquefazione più repentina.
Infatti se lo scioglimento del ghiaccio era un fattore inevitabile, si trattava con opportuni accorgimenti di rallentarne la fusione: il vespaio di fondo in ciottoli a secco ed il pozzetto ben costruito in mattoni permettevano il drenaggio continuo dell'acqua, si usava inoltre porre uno spesso strato di paglia o foglie secche sul fondo e sulle pareti laterali per evitare il contatto diretto con l'umidità e le superfici a temperatura più alta.
Si accedeva all'interno da nord attraverso un piccolo corridoio con una porta al principio ed una alla fine per limitare al minimo l'introduzione di aria più calda; rigide disposizioni regolavano il numero di accessi giornalieri che comunque dovevano essere effettuati (a secondo delle stagioni) preferibilmente in orari non diurni.
Le ghiacciaie erano spesso sormontate da una volta con un foro nel mezzo e chiuso da una pietra; la volta era quindi coperta con uno strato di argilla isolante spesso 30 cm.
Nel caso della nostra ghiacciaia si accede da ovest attraverso un'angusta scala in mattoni che termina su un balconcino posto a circa 3mt dal fondo, ulteriori discese o spostamenti si effettuavano tramite una scala a pioli in legno.
L'apertura (ora tamponata) per l'introduzione del ghiaccio è in corrispondenza del piano di strada di via Volti e posto in guisa tale da favorire lo scarico diretto dai carri di blocchi raccolti nei fossi della campagna circostante; la copertura era sicuramente a volta ed appoggiava sulle murature della fossa dove tuttora si conserva testimonianza degli attacchi.
Le dimensioni del manufatto fanno pensare ad un uso comunitario, forse comunale, potrebbe rivelarlo una prossima ricerca documentaria.
Non è possibile comunque stabilire una data approssimativa di costruzione per cui la possiamo definire genericamente post-medioevale.
Le ghiacciaie (dette anche conserve) in genere erano ambienti destinati alla conservazione dei cibi e dei medicinali anche nella stagione estiva, infatti se il ghiaccio non durava a sufficienza era possibile acquistarlo dalle fabbriche in quota delle prealpi (il ghiaccio, estratto in inverno da laghetti opportunamente preparati, qui si conservava più a lungo).
Intere comunità montane sono vissute nel passato con questo commercio: dalle capienti ghiacciaie (silos del freddo) poste sulle montagne della Lessinia, dietro Verona, partivano di notte, trainati da buoi, carri diretti in pianura e carichi di blocchi di ghiaccio stipati in botti rivestite di sughero.
Le forniture si effettuavano fino alla fine di agosto ed era così garantito il mantenimento della catena del freddo.
Da testimonianze orali sembra che la ghiacciaia di via Volti ( c'è la possibilità che ne esista una gemella, il catasto napoleonico riporta un ambiente uguale addossato al fianco est) sia rimasta in funzione fin nei primi decenni del secolo scorso e sia stata demolita nella parte superiore subito dopo la seconda guerra mondiale.
Questo tipo di tecnologia del freddo infatti decade repentinamente allorquando si diffonde l'uso industriale e domestico del frigorifero.
La struttura ora è coperta con una spessa soletta che permette all'ambiente interno di mantenere una temperatura costante di 14 gradi ed è visitabile . (P.C.)