Le corpose testimonianze dell’antico edificio religioso sono state evidenziate da uno studio-scavo approfondito promosso dal Gruppo Archeologico Monteclarense grazie alla disponibilità della famiglia Varoli
La chiesa di San Giorgio al Monte, oggi inglobata in un rustico agricolo in disuso in cima al colle omonimo, è pertinente al monastero sempre dedicato a San Giorgio posto al piede sud-ovest della collina. Il primo documento nel quale viene citato il monastero è la Bolla papale di Innocenzo II del 1130-1143 dalla quale apprendiamo che era gestito dall’ordine dei Canonici Regolari di Sant’Agostino la cui organizzazione definita risale a subito dopo il Concilio Lateranense del 1059.
Se di S. Giorgio in Valle, non avendo condotto ancora ricerche archeologiche sul sito, possiamo fissare una data di fondazione all’XI sec., siamo in grado invece di ricondurre con certezza ad un periodo altomedioevale la prima fase della chiesa sul monte (tardo VIII sec.) per il tipo della pianta triabsidata e per la presenza della cripta del tutto similari alla chiesa monastica di San Salvatore di Sirmione (datata tra il 760 e il 772 d.C.).
Il monastero o convento era sede di un ordine di chierici che vivevano secondo una regola comune con lo scopo di “Cura animarum”poi, in data incerta ma comunque anteriore al 1457, fu incorporato al convento dei Canonici Regolari di S. Afra di Brescia.
Alla fine del XVIII sec. l’ordine dei Canonici Regolari viene soppresso dalla Repubblica di Venezia per motivi politici e all’arrivo di Napoleone in questa zona l’ordine era già scomparso ed il monastero con la chiesa erano divenuti proprietà del demanio.
Agli inizi del XIX sec. ritroviamo entrambi i complessi religiosi di S. Giorgio al Monte e S. Giorgio in Piano, con i terreni annessi, venduti alla famiglia Salvi.
Di seguito passeranno ancora di mano, prima alla famiglia Cortesi, poi Bersellini ed infine all’attuale proprietà della famiglia Varoli a partire dal 1970.
La chiesetta di S.Giorgio al Monte è rimasta in affitto, fra il 1934 e l’anno 2000, alla fam. Lorenzoni che l’ha abitata attuando profonde trasformazioni per adattarla all’allevamento bovino ed alle normali attività agricole.
Nel 1950 c.a viene addossato alla facciata un corpo di fabbrica per accrescere la capienza della stalla e del fienile.
Nel 1970 nella parte est dell’antica chiesa si aggiunse un altro corpo di fabbrica per ampliare il numero di stanze del nucleo abitativo in uso al contadino e per fare ciò sono stati irrimediabilmente occultati gli ultimi i resti delle absidi esterne.
A partire dagli anni 90’ del secolo scorso il Gruppo Archeologico Monteclarense ha indirizzato le proprie ricerche nelle campagne fra Montichiari e Calvisano ad ovest del fiume Chiese dovesono state scoperte così alcune estese necropoli longobarde e scavate numerose sepolture con corredo a testimonianza di un popolamento diffuso in epoca altomedioevale.
Le ricerche poi si spostano sulla riva est del fiume Chiese, nella valletta delle Fontanelle a ridosso delle colline di S. Giorgio e di S. Zeno, qui il Gam porta alla luce due necropoli longobarde, scavando dal 1995 al 2007, per complessive 348 sepolture, recuperando centinaia di reperti del VII sec. poi esposti nel Palazzo dell’Archeologia e della Storia del Territorio.
Nel 2009-10 il GAM promuove con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, in collaborazione con l’università degli studi di Milano e grazie alla disponibilità della famiglia Varoli, un’approfondita indagine sul complesso della chiesa di San Giorgio al Monte che, come abbiamo detto sopra, presenta chiari connotati altomedievali.
L’analisi delle strutture superstiti attraverso la lettura stratigrafica muraria ha permesso di definire le fasi evolutive dell’edificio a partire dalla sua fondazione avvenuta nel tardo VIII sec., una successiva corposa trasformazione in epoca romanica (XII sec.) seguita da una ristrutturazione in epoca rinascimentale (XVI sec.).
La datazione di San Giorgio al tardo VIII sec. si basa essenzialmente su:
• Alcune murature altomedievali presenti nella fascia più bassa degli alzati.
• Le caratteristiche formali della pianta della cripta in analogia con casi noti e di datazione certa. Il caso più vicino a San Giorgio e appartenente alla stessa diocesi bresciana è San Salvatore di Sirmione. Fondata in pieno dominio longobardo, fra il 760 e il 772 d.C., presenta una pianta simile a quella di San Giorgio ovvero ad aula unica triabsidata con cripta a “corridoio occidentale” divisa in tre ambienti, di cui quello centrale più grande, esattamente come la chiesa monteclarense.Piante simili con cripta triabsidata e di medesima datazione e territorio sono quelle delle chiese pertinenti i monasteri come San Salvatore di Brescia (aula unica triabsidata) e San Salvatore-San Benedetto di Leno (aula unica triabsidata con cripta anch’essa triabsidata). Sullo studio di queste chiese e sulla loro somiglianza architettonica, si è potuto con certezza datare al periodo tardo-longobardo la prima fase della chiesa di San Giorgio Alto.
• Per ultimo vi è l’intitolazione della chiesa a San Giorgio, uno dei santi protettori “nazionali” del popolo Longobardo in Italia.
L’impianto primitivo della chiesa, dai resti murari rinvenuti, doveva quindi essere ad aula unica (14 mt. di lunghezza escluse le absidi, 12 mt. di larghezza e 8 mt. di altezza), orientata est-ovest, terminante con tre absidi estradossate e cripta triabsidata posta al di sotto del presbiterio. Il livello pavimentale del celebrante era circa 2 mt. più in alto rispetto a quello dell’aula.
Per accedere alla cripta vi era una scalinata lungo il lato nord abbastanza ripida, come in San Salvatore di Sirmione, questo è stato confermato dal ritrovamento della portina originale oggi inglobata nel muro che si interseca con il perimetrale nord. Esisteva probabilmente anche una seconda scalinata addossata al muro sud, nel punto dove si accede attualmente.
Sulla funzione ricoperta dalla chiesa altomedievale gli esperti hanno formulato alcune ipotesi fra le quali la più realistica, considerato il clima di forte competizione politica e sociale dell’epoca, è stata considerarla una “ecclesia propria”, fondata da privati per ragioni religiose o politiche concernenti la strategia di potere della famiglia. Ipotesi quest’ultima che potrebbe essere spiegata dalla particolare tipologia di pianta (a tre absidi) della chiesa che, come storicamente dimostrato, era collegato ad una committenza regia o comunque importante e nei casi più tardi considerata come tipologia colta, adatta a chiese signorili edificate da famiglie nobili.
Lo scavo archeologico, che ha interessato tutta l’area esterna pertinente la chiesa, ha messo in luce 16 sepolture in nuda terra, senza corredo, risalenti ad un’epoca anteriore al XIV sec. e un grande loculo con cassa in muratura probabilmente utilizzato in epoca tardo medievale per più deposizioni successive.
Esternamente, a qualche metro di distanza dalla parete sud della chiesa, è venuta alla luce una cisterna in stile veneziano per la raccolta dell’acqua meteorica, profonda 7 mt. e databile al XIV sec..
Sempre nella stessa zona sono emersi resti di fondazione di costruzioni risalenti all’altomedioevo ed a epoche successive.
Paolo Chiarini (Gam) – Elisabetta Viotto